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Gichin  Funakoshi Karate bambini - Le nostre origini marziali...
Ogura Tsuneyoshi (1924-2007) fu originario da Okinawa
dalla madre e discendente di Takeda Shingen,
Signore di Kofu (Giappone) da parte di suo padre,
ma nessuno dei suoi genitori o nonni praticavano arti marziali.

 

Ogura Tsuneyoshi (uno degli ultimi 10° Dan tra i maestri anziani dell’arte della “mano vuota”) fu specialmente studente Makoto Gima (1896-1989, 10° Dan), la prima cintura nera di Gichin Funakoshi (1868-1957, 10° Dan, fondatore del Karate Shotokan in Giappone), così come allievo di Gogen Yamaguchi (1909-1989, 10° Dan) mastro del Karate Goju-ryu. Gima Makoto trasmise a Ogura le antiche forme di molti kata (kata-Koryu, Koshiki-kata) con le loro applicazioni marziali (Bunkai), energetici e terapeutici.

Partendo da un concetto già sviluppato da Yagi Meitoku (1910-2003), Ogura mise a punto un kata composto da sei serie di Fukiyu-kata in cui era possibile allenarsi con un partner (Futari-bunkai, Bunkai-San-nin, Go-nin-bunkai); numero che è poi aumentato a dieci (le molteplici combinazioni possibili consentono 125 sequenze differenti sviluppate dal principio di base).

Anche sacerdote scintoista, iniziato al Shingon durante il suo tempo di pensionamento tra i Yamabushi (studiò allora il Ninjutsu del Koga-ryu di Fujita Saiko), amico degli ultimi maestri viventi di Karate e di Kobudo (da Sakagami Ryusho a Shinpo Matayoshi) e calligrafo distinto, Ogura Tsuneyoshi fu uno degli ultimi depositari delle fonti scritte e orali riguardanti gli sviluppi storici e tecnici dell'arte della "mano nuda" (Kara-te, Tode), tra cui specialmente una parte degli archivi di Mabuni, fondatore del Karate Shito-ryu (di cui una copia del Bubishi). L'estensione e l'ecletticità della sua conoscenza delle arti giapponesi del Budo fu eccezionale. Ogura studiò inoltre le arti marziali cinesi, tra cui specialmente lo stile dell’ “Airone bianco" del Fukien (Bai he quan), e praticò Kendo e Iaido dell’Omori-ryu.

Ogura Tsuneyoshi è stato specialmente, dal 1973, l'ultimo professore di Roland Habersetzer (allora già 4° Dan in Francia), al quale ha assegnato l'8 Dan nel 1992 e il 9° Dan nel 2006, col titolo di Hanshi e di Soke per convalidare il concetto di pratica marziale sviluppato da Habersetzer a Strasburgo, la "Via Tengu" (Tengu no Michi), che si struttura in tre aree di competenza: Tengu-ryu Karatedo, Tengu-ryu Kobudo e Tengu-ryu Hojutsu.

Pierre Portocarrero, al quale Ogura Tsuneyoshi aveva pure assegnato il grado di Shihan (9° Dan), ha invece, e con l'accordo di Roland Habersetzer, scelto di continuare a Parigi l’insegnamento classico del maestro Ogura.

Perché un Tengu? Perché è stato scelto da Soke Roland Habersetzer?

Perché:

È stato scelto da Soke Habersetzer perché faceva la differenza tra il buono e il cattivo e agiva senza compromessi. Non subiva e si batteva quando era necessario.

Chi è un Tengu:

Creatura mitica dell’antico Giappone, che viveva in solitudine nelle montagne.

Reputati per la loro conoscenza delle arti marziali, diedero spunto e ispirazione, specialmente ai praticanti della sciabola. Ispirarono la loro tecnica anche a Yamabushi, temibile guerriero errante nelle montagne, e al mondo oscuro dei Ninja. Nel tempo, il Tengu evolve in essere capace di differenziare tra il bene e il male. Nel 12° scolo era considerato come uno spirito della morte, venuto per punire i falsi preti e i falsi devoti.

Nel medioevo giapponese era senza pietà o pieno di bontà a seconda dell’animo della persona viaggiante che incontrava nelle foreste. Mezzo uomo (nel corpo) e mezzo uccello (nella testa), è stato rappresentato in diversi modi: corvo, con le ali, col naso lungo.

I suoi piedistalli:

Tengu-no-michi è una definizione nuova dell’arte marziale nel 21° secolo:

-Una tecnica classica arricchita da concezioni moderne

-Una filosofia dell’azione conforme alla nozione di ingaggio (engagement)

-Dei mezzi per un comportamento da cittadino responsabile

È un apprendistato di un comportamento da individuo libero, nel quadro del rispetto della vita, degli altri e della legge. Riapprendere “l’uomo” attraverso una pratica marziale autentica. Apprendere a rispondere invece che a reagire. Non battersi, non subire.

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